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L’eterna, irrisolta e forse irrisolvibile diatriba sui cavi, con le estenuanti e spesso sterili discussioni che ne conseguono, trae linfa anche da alcuni equivoci che la alimentano e non ne permettono un’analisi corretta
Vediamoli questi equivoci, ma non prima di aver sottolineato le grandezze che caratterizzano il contesto in cui ci muoviamo.
Iniziamo con l’estensione in frequenza: la banda audio canonica comprende le frequenze che vanno dai 20 ai 20.000Hz, con un rapporto quindi di 1 a 1.000 tra i 2 estremi banda.
Passiamo alla gamma dinamica: quella teorica di un normale CD audio a 16 bit vale 96dB, con l’alta risoluzione si arriva facilmente ai 120dB utili, con un limite teorico che sfiora i 150dB. Considerando che ad ogni incremento di 6dB l’intensità del segnale raddoppia (ogni 20dB decuplica) a 96dB abbiamo un rapporto di 1 a 63.000, che sale a ben 1 a 1.000.000 con i 120dB (di 1 a 10.000.000 con i 140dB, e così via).
Riassumendo, abbiamo a che fare con segnali che variano di 1.000 volte sull’asse delle frequenze e di 1.000.000 su quello dell’intensità (per intenderci, 1 milione è la differenza che passa tra 1mV e 1.000V).
Chiarito che il contesto si presenta particolarmente esteso nelle sue dimensioni, possiamo passare agli equivoci a cui accennavo in precedenza.
Il primo equivoco: considerare il cavo come elemento isolato e non come parte di un sistema.
In generale, un cavo nasce per collegare tra loro 2 apparati, ha quindi un “prima” e un “dopo”. Analizzare il cavo come elemento singolo, senza comprendere nell’analisi anche gli apparati che fanno parte del sistema, non appare corretto e non aiuta a comprenderne il funzionamento.
Il secondo equivoco: quello che non riesco a misurare non esiste.
Nessuno può mettere in dubbio che le misure, se effettuate correttamente in termini di strumenti e metodologie, siano necessarie per descrivere un fenomeno o un comportamento, quantomeno dal punto di vista quantitativo. Nessun progettista serio farebbe mai a meno di un buon set di misure di laboratorio.
Sembra tuttavia che sui cavi la disponibilità di misure fruibili sia ben lontana dalla sufficienza, lasciando quindi ampio spazio allo scetticismo e alla diffidenza da parte di molti.
D’altra parte sappiamo che la ricerca ha un costo molto elevato, e non possiamo ragionevolmente pensare che i grandi produttori che guidano il mercato si muovano a tentoni lasciando al caso la riuscita dei loro progetti, senza una solida base di riscontri oggettivi e ripetibili. Hanno certamente identificato, nei propri laboratori, test e misure che diano loro ragionevoli certezze o quantomeno li indirizzino sui percorsi di sviluppo più promettenti. Che poi questo know-how resti relegato nei loro laboratori è più che
comprensibile, trattandosi di segreti industriali che costituiscono il loro principale vantaggio competitivo.
Il punto qui è un altro: se proprio vogliamo avere il conforto delle misure dobbiamo pensare ad un sistema di misurazioni molto complesso, che oltre ai cavi comprendano anche gli apparecchi che a questi sono connessi, perchè ciò che ascolteremo alla fine del percorso non sarà altro che la conseguenza dell’interazione di tutti i componenti della catena. Occorrerà quindi misurare l’effetto che un certo cavo provoca in un ben determinato contesto, sapendo che altrove l’effetto sarà potenzialmente diverso.
Veniamo alla complessità.
Approcciando il tema dei cavi siamo istintivamente portati a concentrarci sui conduttori che lo compongono, restringendo l’osservazione alle sole caratteristiche dei metalli utilizzati: purezza, trattamento, sezione e lunghezza i principali.
Altro elemento che ci appare rilevante è certamente la geometria, cioè come il cavo è stato costruito, con gli annessi parametri elettrici che ne derivano in termini di resistenza, induttanza e capacità.
Più difficilmente ci soffermiamo sugli altri materiali che troviamo nei cavi, le guaine e gli isolanti, che invece influiscono in modo determinante sul comportamento complessivo del “sistema cavo”. E’ sufficiente infatti sostituire la guaina esterna di un cavo per accorgersi della sua rilevanza.
Per concludere riporto alcune considerazioni sintetiche utili a completare il quadro che rappresenta la complessità dell’argomento:
– i cavi di collegamento sono costantemente immersi nei campi magnetici ed elettromagnetici, e ne sono maggiormente influenzati rispetto a quelli del cablaggio interno degli apparecchi che risultano schermati dal contenitore in cui sono alloggiati
– le schermature con efficacia del 100% sono di fatto inesistenti
– le schermature in rame, alluminio e argento funzionano in alta frequenza ma sono
piuttosto inefficaci alla frequenza di rete (50/60Hz)
– gli isolanti sono anche dei dielettrici, posizionati tra 2 conduttori formano
automaticamente un condensatore
– appoggiare un cavo sul pavimento o su una qualunque superficie ne aumenta la
capacità parassita e ne varia il comportamento elettrico
– 2 conduttori paralleli tra loro si attraggono o respingono in funzione dell’intensità e del
verso della corrente che li percorre, questo genera movimento che a sua volta genera altra corrente che ha un’intensità ed un ritardo temporale dipendenti dalla geometria del cavo e dallo smorzamento indotto dai materiali utilizzati
– tutti i cavi sono sensibili alle vibrazioni
Questi ed altri fattori, se presi singolarmente, potrebbero essere considerati poco significativi, diventano tuttavia rilevanti nel loro complesso e nel contesto specifico: ricordo che ci stiamo muovendo in un ambito le cui grandezze si estendono per un fattore di almeno 1.000 in frequenza e 1.000.000 in intensità, e che soprattutto questo secondo dato rende evidente la necessità di prendere in seria considerazione anche gli elementi apparentemente trascurabili.